1. Il fatto raccontato da Antonio Socci
Si dichiara che riguardo
all’autenticità della cosiddetta “bilocazione”
e di altri fenomeni di origine non naturale, descritti nel seguente
racconto, il giudizio definitivo spetta alla Chiesa. Noi intendiamo
attenerci a tale giudizio e il lettore è libero di prestare
ai fenomeni citati una fede puramente umana, in base ai Decreti
di Urbano VIII e della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Il 13 maggio 1981, verso le ore 17,17,
in piazza San Pietro a Roma, un killer turco inviato da forze oscure
e potenti, Mehmet Ali Agca, sta per sparare al Papa Giovanni Paolo
II. Il ventitreenne "lupo grigio" è un professionista,
è un ottimo tiratore, è lì per uccidere, si
trova dietro la prima fila, a distanza molto ravvicinata (solo tre
metri dal Santo Padre). E' molto calmo e determinato, dunque il
bersaglio, indifeso ed esposto davanti a lui, non ha scampo.
Ma allora come e perchè l'assassinio
è fallito? Se l'avesse ucciso - e le probabilità erano
il 99,99 per cento - il suo pontificato sarebbe stato soffocato
agli albori. La storia della Chiesa sarebbe stata molto diversa,
ma soprattutto lo sarebbe stata la storia mondiale, perchè
il ruolo che il "papa polacco" ebbe nel successivo crollo
incruento del comunismo fu colossale, decisivo. Tutto dunque sarebbe
andato diversamente e, di certo, molto più drammaticamente
per l'intera umanità.
Ripeto dunque la domanda: come e perchè
quell'assassinio è fallito? Chi impedì al killer di
perpetrare quell'omicidio ormai a portata di mano alle 17,17 di
quel giorno in piazza San Pietro, il luogo che aveva visto, diciannove
secoli prima, il martirio dell'apostolo Pietro?
Papa
Wojtyla ha sempre affermato di essere stato salvato da un intervento
soprannaturale della Santa Vergine. Ne danno testimonianza l'icona
della Madonna che ha fatto dipingere sopra piazza San Pietro, nel
punto dove si consumò il crimine, e una pallottola - di quell'attentato
- che il papa volle portare l'anno successivo come ex voto al santuario
di Fatima per farla incastonare nella corona della Regina della
pace. In effetti il giorno dell'attentato era la festa della Madonna
di Fatima, l'anniversario della prima apparizione (avvenuta il 13
maggio 1917). E' una simile coincidenza fa davvero pensare a una
soprannaturale protezione sul papa scampato alla morte.

E' davvero inspiegabile che un killer
professionista, molto abile e determinato, abbia fallito a distanza
ravvicinatissima un bersaglio così facile e indifeso sparando
solo due colpi. Anche la traiettoria del proiettile che colpì
al ventre il Santo Padre sembrò innaturale, anzitutto ai
chirurghi. Che una mano misteriosa abbia deviato la pallottola per
salvare la vita del papa non è solo una persuasione soggettiva
di Karol Wojtyla, è un fatto oggettivo, in un certo senso
scientificamente acclarato: "Il professor Crucitti aggiunse
di aver osservato una cosa 'assolutamente anomala e inspiegabile'.
La pallottola si era mossa, nel ventre del papa, a zigzag, evitando
gli organi vitali. Era passata a un soffio dall'aorta centrale:
se l'avesse raggiunta, il Santo Padre sarebbe morto dissanguato
ancora prima di arrivare in ospedale. Aveva evitato la spina dorsale
e tutti gli altri principali centri nervosi: se li avesse colpiti,
Giovanni Paolo II sarebbe rimasto paralizzato. 'Sembra' concluse
il professore 'che quella pallottola sia stata guidata per non provocare
danni irreparabili'."
Per questo il 13 maggio 1994, parlando
ai vescovi italiani, Giovanni Paolo II potè ragionevolmente
affermare: "fù una mano materna a guidare la traiettoria
della pallottola e il papa agonizzante si fermò sulla soglia
della morte (...) Il proiettile mortale si fermò e il papa
vive - vive per servire!".
Che quella mano misteriosa appartenga
alla Madre di Dio, di cui quel giorno si celebrava l'apparizione
a Fatima, era per papa Wojtyla una certezza. " Sono stato a
Fatima per ringraziare la Madonna" ha scritto in Memoria
e identità. In effetti quel giorno, il 13 maggio 1982,
primo anniversario dell'attentato, dichiarò: " Ho visto
in tutto ciò che mi stava succedendo una speciale protezione
materna della Madonna. In questa ora, quì nel santuario di
Fatima, voglio ripetere adesso davanti a tutti voi: Totus Tuus
- " tutto tuo" o Madre!". Il papa ha poi ripetuto
in varie occasioni: " una mano ha sparato, un'altra mano ha
deviato la pallottola".
Nessuno, ovviamente, ha mai cercato
testimoni di quell'intervento soprannaturale. Nessuno poteva immaginare
che una mano avesse fisicamente impedito ad Agca di sparare i colpi
decisivi. Finché un giorno di luglio del 2007 mi sono imbattuto
in alcuni documenti che avevo ricevuto nel maggio del 2005, accantonandoli
senza prestarvi attenzione.
Sistemando dei libri ho aperto un
incartamento che neanche sapevo di avere e che conteneva la straordinaria
vicenda di Cristina Montella, la "bambina" di padre Pio.
Mi tuffo nella lettura, scopro un continente sconosciuto. E dopo
qualche giorno mi metto alla ricerca di colui che ha raccolto tante
testimonianze e documenti straordinari su di lei.
Un caldo e luminoso giorno di agosto
percorro in macchina verso sud la valle spoletana, che corre sotto
Assisi. Sembra di essere in pellegrinaggio: sfioro Santa Maria degli
Angeli con la grande basilica che contiene la Porziuncola, poi Rivotorto
(una chiesina costruita sopra la stalla in cui Francesco visse alcuni
mesi con i suoi compagni), quindi Spello, infine Trevi. E, dirigendomi
verso Montefalco, nel mezzo della campagna trovo il santuario della
Madonna della Stella.
Vive quì il padre passionista
Franco D'Anastasio, un raffinato biblista che è stato per
anni rettore del santuario San Gabriele dell'Addolorata. Proprio
sul santo e specialmente sulla sua "presenza carismatica"
ha scritto una quantità di pregevoli opere che fanno di lui
oggi il suo maggior biografo e storico. Uno dei suoi libri recenti
è dedicato alle analogie fra San Gabriele e padre Pio.
Ma negli ultimi anni padre D'Anastasio
ha portato a termine una imponente ricerca storica, raccogliendo
una montagna di documenti e testimonianze, sulla figura di suor
Rita Montella (al secolo Cristina Montella), monaca agostiniana
morta in fama di santità il 26 novembre 1992 nel monastero
di clausura di Santa Croce sull'Arno, in Toscana.

La vita di suor Rita, anzi soprattutto
la sua vocazione, così piena di doni, di carismi superiori
( a cominciare dalla bilocazione), è intrecciata fin dall'inizio
a quella di padre Pio e particolarmente alla sua "azione riparatrice".
Il suo legame con il santo cappuccino è speciale, come vedremo,
ed è documentato e testimoniato fra l'altro da padre Teofilo
dal Pozzo - stimatissima e autorevole figura di francescano - che
fu direttore spirituale di suor Rita e superiore della provincia
cappuccina di Foggia, quindi superiore diretto e amico di padre
Pio,
Padre Teofilo fu un testimone diretto
delle misteriose "missioni" congiunte di padre Pio e di
suor Rita. E fu in modo rigoroso e profondo il primo a verificare
i carismi e la santità di vita di suor Rita, insieme ad altri
autorevoli religiosi e religiose. Padre D'Anastasio, raccogliendo
tutte queste testimonianze, a potuto però attingere anche
alla sua conoscenza personale della suora da cui, nel corso degli
anni, ha appreso informazioni importanti. Una delle quali davvero
sconvolgente, riguarda l'attentato a Giovanni Paolo II di cui per
altro suor Rita era coetanea.
Suor Rita, subito dopo il 1981, in
un colloquio confidò a padre Franco - facendogli promettere
di tenere il segreto almeno fino alla morte di lei - di essere stata
presente in bilocazione in piazza San Pietro quel 13 maggio 1981.
Ma c'è di più : "Assieme alla Madonna deviai
il colpo dell'attentatore del papa". Queste le sue testuali
parole.
Si tratta di una rivelazione che ovviamente
lascia sconcertati, che può essere presa in esame solo considerando
l'assoluta affidabilità di questa religiosa, la sua vita
santa e i doni soprannaturali che ebbe e che sono testimoniati da
persone del tutto degne di fiducia a cominciare da ciò che
di lei attestò san Pio da Pietrelcina il quale, come vedremo,
proprio con suor Rita ha compiuto alcune delle sue imprese straordinarie.
(...) A questo sconcertante segreto
peraltro si aggiunge un'altra breve frasetta che suor Rita si lasciò
sfuggire - in una diversa circostanza in modo indipendente - alla
signora Gabriella Panzani, da tanti anni amica della religiosa.
Dunque suor Rita un giorno, mentre si parlava dell'attentato al
papa, disse: "Quanto ho dovuto faticare perchè non avvenisse
di peggio".
Un flash che lascia intravedere il
drammatico "prezzo" d'amore che dev'essere stato pagato,
fatto di preghiere e di durissime penitenze che questa mistica prendeva
su di sè al posto di altri, in questo caso per riparare a
un immane sacrilegio. Siamo in quella dimensione di "espiazione
vicaria" che suor Rita visse eroicamente e che permise anche
a padre Pio di strappare al Cielo tante grazie per gli esseri umani
sofferenti e per la Chiesa. Quella frase inoltre ci fa intravedere
la risposta a un'obiezzione che viene naturale fare: ma perchè
mai il Cielo, per salvare il papa, avrebbe dovuto aver bisogno di
una piccola suora di clausura sconosciuta a tutti? la prima risposta
ovviamente è che i disegni di Dio sono imperscrutabili. Forse
in questo caso il Cielo potrebbe aver voluto che una persona desse
testimonianza di quello che la Madonna ha operato. Ma un frammento
della risposta potrebbe stare anche nel fatto che suor Rita era
una creatura terrena, appartenente alla Chiesa militante, e dunque
poteva offrire e offrirsi per ottenere alla Chiesa e al mondo quella
immensa grazia. Solo gli uomini che sono in questa vita possono
farlo e così hanno un "potere" straordinario. Padre
Pio sosteneva che l'unica cosa che gli angeli ci invidiano infinitamente
è la sofferenza e l'offerta, perchè è il modo
più forte e sincero di dire a Dio: "Ti amo davvero!".
Vedremo con padre Pio che infinito
valore ha - agli occhi di Dio - la sofferenza umana offerta con
amore, vedremo quanto sia capace di commuovere il suo Cuore e far
"violenza" alla sua giustizia ("il Regno di Dio appartiene
ai violenti [Mt 11,12]"). In questo caso per ottenere una grazia
immensa: la salvezza di un grande papa.
Di una simile, clamorosa rivelazione
che conferme possiamo cercare? pensavo che non ce ne potessero essere
di alcun genere, trattandosi di un evento soprannaturale. Ritenevo
che non avesse senso neanche cercarle. Sennonchè una sorprendente
conferma potrebbe averla data inconsapevolmente - senza sapere nulla
di tutta questa storia - proprio il protagonista dell'evento, l'attentatore
Mehmet Ali Agca. Al giudice istruttore Ilario Martella che lo interrogava,
nel corso della seconda indagine giudiziaria sull'attentato, ha
così descritto quello che accadde: "era mio preciso
intendimento uccidere il papa. Questo era il mandato che mi era
stato affidato, tant'è che ho sparato solo due colpi perchè
accanto a me c'era una suora che a un certo momento mi ha preso
il braccio destro, per cui non ho potuto continuare a sparare. Altrimenti
io avrei ucciso il papa."

Quando ho letto queste parole mi è
sembrato di ravvisarvi una notizia clamorosa che pare sia sfuggita
all'attenzione: una suora che ha sventato l'assassinio. E' stato
inevitabile pensare a suor Rita. Per la verità si era subito
diffusa la notizia di una suora che aveva ostacolato Agca mentre
sparava. Ce ne traccia sui giornali del tempo. Lo ha ricordato per
esempio Adriano Sofri in un suo articolo dedicato appunto alle suore:
"Nel pomeriggio dell'attentato in piazza San Pietro, si disse
che una suora si era gettata addosso ad Ali Agca per deviarne il
colpo".
Ma, a quanto pare, tutti hanno sempre
sovrapposto la figura della suora di cui parla Agca, quella che
gli afferrò il braccio, all'altra che poi ne bloccò
la fuga. Un errore forse dovuto al fatto che l'unica suora reperibile
e identificata dalla polizia sul posto è stata la seconda,
che ha pure testimoniato al processo. Della prima ifatti non c'era
traccia, non fu identificata dalla polizia, non era rimasta in piazza
San Pietro dopo aver afferrato il braccio destro dell'attentatore
impedendogli di sparare altri colpi. Si era come volatilizzata.
Stiamo sfiorando - come ben si capisce - il mistero, il soprannaturale
e certo qualcuno storcerà il naso. I mistici, come dice Jean
Guitton, sconvolgono le nostre presunte certezze fisico-matematiche
perché spalancano davanti a noi altre dimensioni, ci fanno
intuire quanto sia corta la nostra vista e lasciano irrompere l'Eterno
nell'istante presente.
Così diventa comprensibile
perfino l'impossibile: la notizia di una suora che vive in un monastero
di clausura in Toscana e che, in bilocazione, un giorno, impedisce
all'attentatore del papa di sparare ancora. Del resto le testimonianze
sulle bilocazioni di suor Rita e di padre Pio, come vedremo, sono
tante e indiscutibili. Inoltre i fatti sono obiettivamente concordanti
con la "rivelazione" relativa a suor Rita. Il primo è
la confessione di Agca che parla di una suora che gli prese il braccio
impedendogli di sparare altri colpi. Il secondo fatto è la
testimonianza di quella "suor Lucia" che bloccò
la fuga di Agca.
Non è stato facile raggiungerla
(peraltro indirettamente). Sapevo che vive in un convento di Genova,
ma non parla con i giornalisti. Però recentemente il 10 gennaio
2006, ha scritto un suo ricordo dell'attentato per "L'eco di
Bergamo". Suor Lucia Giudici - che in realtà da religiosa
si chiama suor Letizia - scrive: "Sì, è toccato
proprio a me acciuffare Ali Agca che tentava di fuggire dalla piazza
dopo aver sparato al Santo Padre. Ho atteso invano quel giorno che
qualcuno lo bloccasse, ma tutti i pellegrini e turisti in quel momento
erano allibiti e sconvolti nell'osservare il papa che ferito gravemente
veniva trasportato all'ospedale Agostino Gemelli. Tutto si svolse
in una manciata di minuti ed io istintivamente ho cercato il momento
per bloccarlo e tenerlo fino al momento di consegnarlo alla polizia".
Suor Lucia qui non dice affatto di
essersi trovata accanto all'attentatore e di avergli afferrato il
braccio, anzi colloca il suo gesto dopo che l'attentatore ha sparato,
mentre sta fuggendo. Dunque fornisce una risposta. Ma occorre capire
precisamente quanto lei era distante dal killer turco. Come fare
? Apprendo che suor Lucia è originaria di un paesino della
bergamasca e che, nei giorni in cui sto scrivendo, si trova lì
in vacanza. Grazie alla preziosa collaborazione di Ettore Ongis,
direttore dell' "Eco", riesco a farla raggiungere il 23
agosto 2007 alla messa delle ore 18 e lì, informalmente,
fornisce una spiegazione precisa che mi sembra definitiva. Eccola:
Ali Agca si trovava davanti alla suora, a una distanza di circa
10 metri. Lui ha sparato i due colpi, poi si è voltato e
ha cominciato a scappare dirigendosi verso il colonnato del Bernini,
cioè verso di lei. Siccome nessuno lo fermava, lei ha allargato
le braccia per sbarrargli la strada. Lui allora le ha puntato la
pistola ma, muovendosi per tornare indietro, ha perso l'equilibrio
e a quel punto lei l'ha bloccato finchè non sono arrivati
altri e poi dei carabinieri che l'hanno ammanettato.
Quindi adesso è certo: suor
Lucia si trovava lontano da Agca al momento degli spari, stava a
dieci metri, dunque non era lei la suora che - secondo le parole
dell'attentatore - "a un certo momento mi ha preso il braccio
destro, per cui non ho potuto continuare a sparare. Altrimenti io
avrei ucciso il papa". Ma se non era suor Lucia, chi sarà
stata quella suora che non fu mai identificata sul posto dalla polizia
perchè, dopo l'attentato sembra essersi volatilizzata da
piazza San Pietro ?
Padre Franco D'Anastasio oggi può
rivelare la confidenza ricevuta da suor Rita perchè lei è
morta nel 1992. Quindi non è piu' tenuto al segreto.
(...) Del resto suor Rita ha dato
anche altri elementi interessanti a padre d'Anastasio subito dopo
l'attentato. Li riassumo in sintesi: "L'attentatore non parlerà.
Le pallottole che ferirono il Santo Padre erano avvelenate. Lui
era con altri due che sono fuggiti. C'era una trama internazionale
contro il papa e la chiesa". Tutti i flash che poi hanno trovato
puntuale conferma nelle indagini della magistratura e negli eventi
successivi.
(da
Antonio Socci, Il segreto di Padre Pio, Rizzoli 2007, pp.
9-20, con il permesso dell'autore)
2. Valutazione del racconto fatto da Antonio Socci.
Secondo il parere del sacerdote passionista
Padre Franco D’Anastasio, teologo, importante testimone e
biografo di Suor Rita, Socci nel suo libro ha esposto con precisione
e in modo esauriente i fatti riguardanti l’intervento di Suor
Rita nell’attentato a Giovanni Paolo II.
L’unica inesattezza si riscontra
nel passo seguente (contenuto nell’Antefatto del libro di
Socci, alle pagine 19-20, ma non riportato nei brani presi dal libro
e citati qui sopra): “Nel 2007 il cardinale Stanislao
Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e già segretario del pontefice
polacco, ha fatto chiamare padre D’Anastasio e gli ha chiesto
di rilasciare sotto giuramento la testimonianza sull’attentato
e le parole ascoltate da Suor Rita per il processo diocesano di
beatificazione di Karol Wojtyla che si era aperto a Cracovia”.

In verità il cardinale Stanislao
Dziwisz non "ha fatto chiamare” Padre Franco D’Anastasio
a Cracovia, né gli “ha chiesto” di rilasciare
la testimonianza sulle parole di Suor Rita, ma ha ricevuto inaspettatamente
per posta nel 2006, dietro notifica e lettera accompagnatoria di
un sacerdote, in occasione del venticinquesimo dell’attentato
al Papa, la dichiarazione firmata da Padre D’Anastasio, controfirmata
da un notaio, nella quale venivano riportate le testuali parole
che erano state riferite di persona da Suor Rita Montella, quando
era viva, a Padre Franco D’Anastasio stesso.
Il cardinale, a sua volta, in data
21 giugno 2006, ha risposto ringraziando per l’informazione
ricevuta e attestando che l’avrebbe fatta pervenire a Roma
(non a Cracovia) a Mons. Slawomir Oder, Postulatore della Causa
del Servo di Dio Giovanni Paolo II.
A parte questa imprecisione di poco
valore (che già abbiamo fatto presente all’autore),
il resoconto steso da Antonio Socci nell’Antefatto del suo
libro è molto positivo, merita una lettura attenta e grande
considerazione.
Le copie autentiche dei documenti
sopra citati, cioè la dichiarazione di Padre Franco D’Anastasio
e la lettera del cardinale di Cracovia, sono nelle nostre mani.
3. Il testo della dichiarazione di Padre Franco D’Anastasio.
La dichiarazione è stata rilasciata
“a tutti gli effetti e conseguenze esclusivamente delle leggi
ecclesiastica e canonica” il 10 maggio 2006.
In essa Padre D’Anastasio afferma
che “in occasione di un incontro alla fine dell’anno
1981, ci trovammo a parlare dell’attentato al Santo Padre
Giovanni Paolo II e Suor Rita mi confidò: La Madonna ed io
abbiamo deviato con le nostre mani quella dell’attentatore
al Papa”. Padre D’Anastasio continua così: “Suor
Rita si riferiva a un fenomeno che, secondo la mia opinione personale,
può definirsi bilocazione”.
Poi, in ossequio all’autorità
della Chiesa, a cui spetta giudicare una materia così delicata
come i fenomeni di bilocazione, egli aggiunge: “Circa la natura
di tale fenomeno, mi sottometto alla Chiesa e lascio alla Chiesa
stessa l’ultimo giudizio”.
Termina la dichiarazione dicendo che
Suor Rita “mi pregò di non parlarne a nessuno, prima
della sua morte, promessa che ho fedelmente mantenuto”.
In un foglio allegato alla dichiarazione
Padre Franco dice: “Sono pienamente disposto a confermare
sotto forma di giuramento tutto quello che ho scritto”.
Il documento porta la firma sua e
quella di un notaio, iscritto nel “Ruolo del Distretto notarile
di Perugia”, il quale certifica che la firma di Padre Franco
D’Anastasio è “vera ed autentica, apposta in
mia presenza”.
Questa dichiarazione è attendibile
sia per l’onestà e la sincerità di chi l’ha
firmata, sia per il modo “solenne e ufficiale” in cui
è stata redatta. Contestarla sarebbe temerario, a meno che
non esistano motivi fondati per impugnarne il contenuto. Ridicolizzarla,
solo perché per principio non si vuole ammettere la possibilità
delle “bilocazioni”, dimenticando che a Dio niente è
impossibile, sarebbe stolto.
E’ di grande importanza per
capire tutte le altre testimonianze sull’attentato a Giovanni
Paolo II.
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